mercoledì 24 marzo 2010

"The Catcher in the Rye"-Cosa si nasconde dietro il titolo?




"...Io mi avvicinai per sentire che cosa cantava. Cantava quella canzone: "Se scendi tra i campi di segale, e ti prende al volo qualcuno" ..."


Holden vorrebbe fare il "cacciatore nella segale"(nel baseball sarebbe un ruolo ben preciso il "catcher")
Lui immagina un campo di segale dove, alla fine, c'è un burrone.
Nel campo ci sono molti bambini che corrono nella segale, ma, così facendo, vanno senza saperlo verso il burrone e quindi verso la morte.
Lui ha il compito di salvarli "afferrandoli al volo prima che precipitino".
Lui, cacciatore nella segale, che conosce il pericolo, salverà tutti quei bambini inconsapevoli di quello che stanno facendo.
Questo vorrebbe fare Holden: salvare gli innocenti.
Vorrebbe essere colui che salva i bambini, afferrandoli un attimo prima che cadano nel burrone, mentre giocano in un campo di segale.

In realtà il significato di "Catcher in the rye" non è affatto questo, anzi, il titolo in questione è proprio intraducibile in italiano.
Al suo significato si fa riferimento di sfuggita in due punti del libro (cap. XVI e XVII).
La famosa canzone scozzese di Robert Burns ha una strofa che dice:

Gin a body meet a body
Coming through the rye;
Gin a body kiss a body,
Need a body cry?

Cioè, traducendo letteralmente dal dialetto scozzese:

Se una persona incontra una persona
che viene attraverso la segale;
se una persona bacia una persona,
deve una persona piangere?

L'espressione, tradotta letteralmente in italiano, non ha particolarmente senso, e anche in inglese evoca un'immagine bizzarra, però è formata da termini perfettamente comuni.
Come già detto, il "catcher" indica un ruolo ben preciso nelle squadre di baseball, mentre "rye" è popolare quanto il "Rye whiskey", un distillato che, secondo le leggi degli Stati Uniti deve essere prodotto impiegando almeno il 51% di segale.
Quindi, il titolo, che tradotto letteralmente in italiano non darebbe nessun effetto, in inglese è tutt'altro che insignificante, in quanto nel titolo è racchiusa la personalità di Holden, che vorrebbe essere colui che salva le persone più deboli e innocenti.
Matteo Lazzari

martedì 23 marzo 2010

IL RAPPORTO DI ALCOL E FUMO CON IL CINEMA


IL RAPPORTO DI ALCOL E FUMO CON IL CINEMA



... - Ci scommetto proprio, - disse. Mi accese la sigaretta con quel grosso accenditore da tavolo. ...


Come emerge in tutto il libro, la presenza di alcol e soprattutto del fumo è molto marcata. Ma questo non accade solo nella scrittura, ma, in maniera più marcata, anche nel grande schermo. L’unione tra alcol, fumo e cinema è da sempre presente nelle sale buie di tutto il mondo. Negli anni che furono, probabilmente perché non si conoscevano ancora gli effetti del fumo e dell’alcol sul corpo, era normale che molte persone e quindi protagonisti ne facessero uso, poi, si scoprì che “pubblicizzare” certi prodotti in un film senza introdurli in un qualche spot era molto più efficace (si arriva anche a richiedere una notevole quantità di soldi in cambio di una tacita pubblicità di una marca di sigarette). Si può intuire che l’inserire alcolico e sigarette nei film era puramente a scopo pubblicitario. In moltissimi film sono presenti l’alcol e soprattutto il fumo (James Bond interpretato da Sean Connery, oppure il più recente Iron Man). I perché possono essere molteplici, possono essere scopi economici (pubblicità) oppure aiutare la comprensione del personaggio (da cosa fuma, se sigari o nazionali, oppure da cosa beve, un cocktail oppure una semplice birra). Sicuramente Il veder bere o fumare nei film influenza moltissimo, soprattutto i giovani, ricerche, infatti, rivelano che gli adolescenti, anche i più salutisti, sono più invogliati a fare uso di alcolici o sigarette.
Si può notare che ultimamente l’uso, o l’abuso, di alcolici e sigarette nei film è notevolmente diminuita. Negli ultimi anni, sono state condotte ricerche sugli effetti di entrambe le sostanze e ciò ha portato a una notevole responsabilizzazione, quindi si è cercato di diminuire la presenza di alcol e fumo nei film per non fare una “pubblicità negativa”.

lunedì 22 marzo 2010

Coney Island


Lei scappò via, comprò il biglietto e tornò su quella maledetta giostra appena in tempo. Poi ne fece tutto il giro finché non ritrovò il suo cavallo. Allora ci montò sopra. Mi salutò con la mano e anch’io la salutai con la mano.”
Tratto da: “ Il Giovane Holden”, di J.D. Salinger.

Uno dei momenti più significativi del romanzo è quando Holden e sua sorella si incontrano davanti al museo. Holden sapeva che vicino al museo c’è una vecchia giostra che, a sua sorpresa era aperta anche d’inverno. Qui, trascorre i momenti più felici di questi giorni ricchi di emozioni e di avvenimenti. Il tema della giostra fa risaltare la natura non ancora adulta di Holden, il quale è felice mentre guarda la piccola Phoebe divertirsi. Coney Island è una piccola penisola a ovest di Manhattan all'interno del territorio di Brooklyn nella città di New York negli USA. La sua spiaggia si affaccia all’Oceano Atlantico assieme alle altre isole della barriera di Long Island. Questa zona è composta da una comunità di 60.000 persone nella parte occidentale della penisola, ed è suddivisa in diversi quartieri. Il nome Coney Island ha origini olandesi infatti l'isola è stata chiamata per la prima volta Conyne Eylandt che significa Isola dei conigli in merito alla presenza di molti conigli finché il loro habitat non fu distrutto dall’ingente costruzione di edifici. E’ una delle località più famose di New York ed è luogo di parchi di divertimento, quali Luna ( lo storico parco di divertimenti aperto nel 1895, da cui deriva il nome italiano di luna park). Tra circa il 1880 e la seconda guerra mondiale, Coney Island è stata la più grande area di divertimento negli Stati Uniti, attirando diversi milioni di visitatori all'anno. Durante questo periodo c’erano tre principali contendenti che erano i più importanti parchi di divertimenti, Luna Park, Dreamland, e Steeplechase Park, così come molti parchi di divertimenti. Coney Island ha raggiunto il suo apice di successo nel 20esimo secolo dopo la vittoria della prima guerra mondiale vinta appunto dagli alleati. La sua popolarità invece è diminuita dopo la seconda guerra mondiale a causa degli ingenti capitali utilizzati nella guerra. Nell’immediato dopoguerra Coney Island ha perso interesse e fu quasi abbandonata. Negli ultimi anni, l'area ha visto l'apertura di KeySpan Park, sede del Cicloni Brooklyn squadra di baseball della minor league e oggi quest'area di divertimenti contiene varie giostre e giochi come skeeball e molti altri.

Kristian Ristov

sabato 20 marzo 2010

NEW YORK - I GRATTACIELI E I PORTIERI


"...all'ascensore non c'era Pete, il solito lift del turno di notte.
C'era un tizio nuovo..."

New York è caratterizzata dai suoi enormi grattacieli che si iniziarono a costruire solo verso gli anni ’10 per via dei prezzi elevatissimi dei terreni sull’isola di Manhattan.
Ormai la città è diventata un agglomerato enorme di queste costruzioni che generalmente raggiungono i 30 piani, ma possono arrivare anche agli 88 di un imponente Empire State Building(381 m).
La vista splendida dal basso verso l’alto, tutte le costruzioni che si slanciano verso il cielo azzurro, e la visione dall’alto verso il basso, come se tutti fossero formichine che corrono velocemente a casa o al lavoro, e non serve spendere chissà che cosa, basta andare sul tetto di una casa, o meglio, di un grattacielo e guardare giù.
Ogni grattacielo, ha un suo portiere che ha il compito di smistare la posta, tenere aperto il basement(dove ci sono le lavatrici a gettoni), pulire marciapiede, spazi comuni, e a volte anche i singoli appartamenti. Portano i giornali ad ogni piano, danno da bere alle piante, buttano la spazzatura…insomma, mantengono l’ordine e fanno tutto ciò che potrebbe essere utile per il grattacielo.
L’importanza di questa figura è evidenziata dai risultati dell’ultimo sciopero dei portieri di Manhattan: i finanzieri di Wall Street che smistano la posta, i dirigenti bancari che buttano la spazzatura, le mogli dei professori universitari a lavare le scale e dare da bere alle piante. Tutti che entrano ed escono senza alcun controllo dai palazzi, l’ordinata pulizia del giorno prima trasformata che sembra ormai un sogno.
Molto importanti nel cinema(THE FAMILY MAN ne è un esempio), nella letteratura(IL GIOVANE HOLDEN) e soprattutto nella vita reale, queste figure però rischiano di scomparire sostituiti anche loro dalle nuove tecnologie, da un computer, un robot, un doorman elettronico. Un “aggeggio” che ti avvisa se qualcuno ti cerca, e fa tutto quello che faceva il portiere, solo che lo fa come può farlo una macchina, senza calore umano. È un qualcosa a cui non si da la confidenza che si dava al vecchio portiere a cui magari si chiedeva consiglio o ti sfogavi dopo una notte andata in bianco.
Elia Bonetto

venerdì 19 marzo 2010

Scappare




Me ne andrò all'Ovest...lontano.

Non importa dove...basta
andarsene....”







Si è sempre troppo grandi, passata una certa età, per ricominciare, cancellare, perdonare i torti della vita.

Ma per scappare no.

Scappare perché ci si sente in trappola, feriti, amareggiati ,delusi, tristi, sconsolati, malinconici, sognatori, perché si crede di potercela fare, perché,come Holden, si ha voglia di stare soli,perché ci si sente piccini in un mondo di giganti ,che non badano a dove camminano e che, comunque, non si accorgerebbero di averci schiacciato.
L'oppressione di una vita che non sentiamo appartenerci è una sensazione di sconforto e di malinconia.
Scappare però quasi mai è la soluzione.
Ci si illude di trovare qualche cosa di meglio, di più appagante, rassicurante.
Si spera di trovare una soluzione ai problemi, un lavoro, il calore di persone diverse da quelle di cui ci eravamo circondati e che , spesso, sono il motivo per cui ce ne vogliamo andare.

Sono soprattutto le persone che aveva avuto intorno, a persuadere Holden ad andarsene.
Si sogna una casa migliore, un lavoro migliore, persone migliori, insomma, un'esistenza migliore.
Ma spesso non ci si accorge di quanto la vita ci abbia saputo donare, senza che noi nemmeno lo avessimo dovuto desiderare.
Senza aver provato la tristezza,la depressione , la solitudine, non si riuscirebbe mai a capire veramente quale sensazione meravigliosa possa essere la felicità.
Sognare di scappare è una cosa, ma trovare quello che sogni è tutta un'altra storia; e, purtroppo, spesso te ne accorgi solo dopo aver vissuto in un'altra realtà che non è la tua, che non ti appartiene, che ti soffoca in modo lento ma inesorabile.


Baldisseri Francesca

mercoledì 17 marzo 2010

Le metropolitane Newyorkesi



Le metropolitane, dette anche metrò, sono dei sistemi di trasporto sotterranei a elevata frequenza di corse , presenti soprattutto nei maggiori centri urbani.
La metropolitana di New York è una delle più antiche ed estese reti di trasporto pubblico al mondo, con 468 stazioni operative. La sua prima linea aprì il ventisette ottobre del 1904 , quasi trentacinque anni dopo l’apertura della sua prima ferrovia sopraelevata .
La lunghezza del tracciato è di circa 368 kilometri (contro i 74 kilometri di Milano).
Nella lista delle metropolitane, quella di New York è l’unica ad essere attiva ventiquattro ore al giorno,365 giorni l’anno (eccetto due stazioni). Le stazioni della metropolitana sono localizzate tra Manhattan, Brooklyn, Queens e Bronx . Quasi tutti i servizi passano per Manhattan, area dove avvengono molte vicende presenti ne ‘Il giovane Holden’ (insieme a Central Park e Greenwich village).
Ci sono 26 percorsi (o linee) nel sistema metropolitano, includendo anche tre navette. Ogni percorso ha un colore differente, che rappresenta il tragitto fatto a Manhattan ed è etichettato come locale o regionale.
Nel 1943 il prezzo di un viaggio era di quindici centesimi ed era usato un gettone specifico di cui Holden aveva probabilmente usufruito, poiché il prezzo è stato cambiato solo nel duemilatre.
Oggi le tariffe sono:
$ 2 per una corsa singola
$ 7 per un intera giornata
$ 24 per tutta la settimana
$ 76 per ogni anno
Concludo dicendo che ogni giorno viaggiano 5 milioni di persone sulla metropolitane newyorkesi , mentre 1,5 miliardi ogni anno. Altro che Milano!(1 milione e 600mila persone al giorno, 584 milioni l’anno).
Scritto da: Saggiorato Samuele

lunedì 15 marzo 2010


IL SUCCESSO EDITORIALE DE “IL GIOVANE HOLDEN”

È assodato che “Il Giovane Holden” è stato uno de più grandi best-seller della storia della letteratura, ma la domanda è: perché? Cosa ha spinto milioni di persone in tutto il globo a leggere quest’opera apparentemente anonima? Ebbene i motivi hanno riscontro in praticamente qualsiasi recensione edita sul romanzo: uno dei tanti cavalli di battaglia che Salinger ha messo in campo è la frustrazione del protagonista, in cui ognuno vede rispecchiata la propria rabbia; la qual cosa è poi un potente veicolo per l’immedesimazione nel protagonista, che ne ha decretato l’indubbio successo. Volendoli elencare (i cavalli) abbiamo poi l’assiduo uso di “slang”, che neanche a farlo apposta ha un riscontro immenso sui lettori giovani, che ne fanno uso a loro volta. Non a caso questo è un romanzo scritto ed edito per i giovani; è fuor di dubbio che un anziano il quale leggesse “Il Giovane Holden” lo troverebbe rozzo, tuttavia –e porto pure la mia testimonianza- se a leggerlo è un ragazzo/a, l’effetto che si ha è diametralmente opposto. Ma ad attirare la mente dell’adolescente, palesemente bramosa del coetaneo, è sopra ad ogni cosa il senso di ingiustizia che si può percepire ad ogni pagina, in particolare quando il protagonista Holden parla con la sorella delle ipocrisie e convenzioni del mondo degli adulti, alle quali vuole sottrarsi. Il protagonista è il ritratto di ogni sedicenne-diciassettenne, alle prese con i turbamenti di quell’età, ed è solo grazie alla sorella Phoebe che viene posto un freno alla ribellione di Holden verso gli adulti, grazie all’innocenza tipica dei bambini, che ancora nulla sanno sul mondo preconcetto dei genitori. Holden -e il suo rifiuto delle convenzioni e degli stereotipi- è presto diventato un modello, uno stile di vita per le generazioni a venire, come ad esempio gli hippies.Una frase che per tutte può esprimere tutto il “disprezzo” che Holden prova è, per ironia della sorte, una domanda banale, a qui tuttavia nessuno si degna di rispondere, e questo come tante altre cose del genere sono la scintilla che fa scoppiare la ribellione in Holden: “Che fine fanno le anatre del lago di Central Park South quando questo gela d'inverno?”. Banale, forse, ma tutto il rifiuto che il protagonista percepisce verso di se dalle persone cui rivolge questa domanda sarà poi il fondamento della reticenza che lo accompagnerà durante tutto il racconto. Non è forse vero che anche noi, da giovani, abbiamo vissuto quest’esperienza? Non ci sentiamo forse tutti accomunati ad Holden da una commiserazione subconscia? Infatti, non è un caso che questo libro abbia venduto 60 milioni di copie…
Edited by: Dal Zovo Luca

venerdì 12 marzo 2010

Gli scrittori e le loro emozioni


Immagine elaborata da Nemanja Rajic


«Dio, peccato che non c'eravate anche voi (lettori).»
da "Il giovane Holden", cap. XXV, pag. 246


Molto spesso, quando leggiamo un libro, non ci rendiamo conto di quanta fatica abbia fatto lo scrittore affinché noi cogliessimo un messaggio oppure un emozione provata da lui in quel punto della storia; forse perché non ci interessa, forse perché non lo condividiamo. È dato di fatto, però, che lui tenta. Spera di trovare qualcuno che lo capisca o che provi la sua stessa emozione.
Tra questi scrittori c'è anche J.D. Salinger, autore de"Il giovane Holden". Egli, nella veste del protagonista nella sua opera, cerca continuamente di farci capire quello che prova: felicità, tristezza... Ma non ci sono solo queste. Molte sono emozioni più profonde fino ad arrivare in un punto in cui non riesce proprio a spiegare quello che prova. Per quanto lui cerchi di farlo, non ci riesce. Dice semplicemente, come se fosse lui Holden, la frase citata sopra: «Dio, peccato che non c'eravate anche voi.»... e conclude... Un messaggio, un'emozione che non possiamo e non potremo mai comprendere del tutto. Possiamo solo intuire quello che voleva trasmetterci: un immenso amore da fratello verso la sorella. Un amore che nessuno di noi potrebbe quantificare.
Ma Salinger non è l'unico a fare questo. Anche J. K. Rowling, famosa per i suoi romanzi di Harry Potter, si impegna molto ad inserire le proprie emozioni attraverso i personaggi. Lei cura molto questo aspetto del romanzo, infatti si sofferma sempre nelle situazioni di emozioni forti. Ad esempio, quando Harry perde il padrino, lei riesce ad esprimere in parole tutta la furia, la voglia di vendicarrsi e la tristezza che egli prova, ma anche lei si ritrova in una situazione difficile, non quanto quella di Salinger, però simile. Avrà sicuramente fatto fatica a descrivere tutto questo.
Alla fine tutti gli scrittori, chi più, chi meno, fanno esprimere delle sensazioni alle proprie opere. Non a caso sono un genere di artisti e come tutti gli artisti si liberano di emozioni nella scrittura. A volte ce lo spiegano bene, altre volte ce lo fanno intuire.


Nemanja Rajic